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Vice Presidente di Film Commission Torino Piemonte - Collaboratore in Staff Assessorato Attività Produttive, Commercio, Lavoro Città di Torino

La vera saggezza sta in colui che sa di non sapere

Nel corso del tempo il lavoro mi ha insegnato che sono infinite le cose che non sappiamo. Da lì, il mio impegno per l'informazione e la divulgazione è diventato "passione".


lunedì 26 novembre 2012

AZ DO MESTA AS di Iveta Grofova















Al Torino Film Festival un film ambientato in Slovacchia narra la storia dell'emigrazione di una ragazza nella Boemia occidentale.

In ogni parte del mondo l'emigrazione è un flusso intermittente di vite che si spostano, si salvano e, spesso, si spengono.
In questo primo lungometraggio di Iveta Grofova, laureata presso la Academy of Performing Arts di Bratislavia e specializzata in cinema documentario, una ragazza, Dorota, dopo aver ottenuto il diploma decide di emigrare da un paesino della Slovacchia, verso la Boemia occidentale, in cerca di un lavoro agognato nella sua terra.
La sua non è esattamente una scelta, come spesso accade quando si abbandona il proprio luogo natio, ma è una forte esortazione della famiglia priva dei mezzi necessari a sostentarla.
Troverà lavoro come sarta in una condizione disagevole e di estrema precarietà.
Perderà il lavoro e il denaro necessario a sopravvivere. Chiederà aiuto alla famiglia che non l'accoglierà ma l'abbandonerà a se stessa.
La regista è riuscita a ricreare l'ambiente e le condizioni di estremo disagio sociale nel quale la ragazza si trova a sopravvivere.
Il suo impegno è stato quello di spiegare, meticolosamente, quali possano essere le tappe del doloroso percorso che conduce alla prostituzione, perchè lo spettatore provi a guardare prescindendo da superficiali giudizi morali.
Alcune scene sfiorano il grottesco, con unioni tra giovani ragazze e personaggi sgradevoli che, pur nella loro solitudine malinconica, non hanno alcunché di poetico, arrivando a sfiorare l'antica rappresentazione de “La Bella e la Bestia”.
L'impegno della regista, non a torto, è quello di nebulizzare le riprese più crude per lasciare solo l'effetto acustico dei dialoghi sconci: l'effetto ne viene decuplicato, e il senso dell'orrore cresce nell'immaginazione di chi guarda.
Solo alcuni tremolanti bozzetti a carboncino, che si alternano alle scene pornografiche, sdrammatizzano quell'atmosfera cupa e senza speranza: un'altra buona idea.
La ragazza troverà la salvezza solo nell'unione definitiva con uno degli “orchi” che l'ha posseduta e che, solo e infelice a sua volta, le offre affetto e una vita sicura. Finiranno per volersi bene davvero.
Ecco come avvengono i matrimoni tra giovani emigrate e anziani signori benestanti.
Per qualcuno, queste tematiche sono drammaticamente “già viste”.
Per molti è una cocente realtà e il cinema ogni tanto dovrebbe impegnarsi a rappresentarla nella sua crudezza. Si chiama “cinema impegnato”, come quello che si vede al Torino Film Festival.
Non so se è il cinema più bello. Certamente è necessario.