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Vice Presidente di Film Commission Torino Piemonte - Collaboratore in Staff Assessorato Attività Produttive, Commercio, Lavoro Città di Torino

La vera saggezza sta in colui che sa di non sapere

Nel corso del tempo il lavoro mi ha insegnato che sono infinite le cose che non sappiamo. Da lì, il mio impegno per l'informazione e la divulgazione è diventato "passione".


giovedì 8 dicembre 2011

ARTEMISIA GENTILESCHI - LA FURIA E LA PASSIONE







Al palazzo Reale di Milano l’esposizione delle opere di Artemisia Gentileschi fino al 29 gennaio 2012. Un riconoscimento al talento di una grande artista ignorata per tre secoli.

Inizia con uno stupro in giovane età la vita di successi e tormenti di Artemisia Gentileschi.
Era il maggio del 1611 quando, Agostino Tassi, amico del padre Orazio, la violentò segnando per sempre il suo destino di donna forte e ferita, vero emblema storico per le generazioni che verranno, simbolo assoluto del femminismo internazionale.
Quel tragico episodio divenne segno indelebile nella produzione artistica di questa donna affascinante e tormentata. Giuditta decapita Oloferne è il dipinto che apre la mostra, sottolineando il desiderio di rivalsa della giovinetta nei confronti del mondo maschile violento e burrascoso.
La forte influenza che il Caravaggio esercitò sulla produzione artistica di Artemisia, emerge con violenza in questa opera che, in un gioco di luci intense e ombre impenetrabili, sottolinea la violenza di un sentimento di vendetta non sopito.
La scena evoca l’episodio dell’antico Testamento in cui Giuditta, vedova ebrea, si reca sul campo nemico in cerca del condottiero assiro Oloferne, per circuirlo e ucciderlo con una brutale decapitazione.
La scelta appropriata di aprire l’esposizione con la tela dipinta tra il 1612 ed il 1613 getta, in un baleno, il visitatore nel gorgo del talento indiscusso di questa grande artista : l’incarnato luminoso delle due donne, la piega viva di un lenzuolo insanguinato e le grinze perfette delle vesti dai colori sgargianti, ne esaltano la magnifica tecnica pittorica, carica di rigore e tratto drammatico.
La mostra espone oltre 40 tele che ben rappresentano il suo cammino tra Firenze, Roma e Napoli, e 5 tra le più belle lettere d’amore scritte da Artemisia e Francesco Maria Maringhi, suo ardente amante.
La sensualità è un altro importante tratto che emerge dalle sue tele brucianti. La Conversione della Maddalena, quadro realizzato tra il 1615 ed il 1616, è un’opera che, sotto questo aspetto, ben si presta ad un confronto diretto con la pittura di Caravaggio. La Maddalena del celebre, burrascoso artista, conservata nella Galleria Doria Pamphilj, propone la visione ardita di una bella prostituta con lo sguardo abbassato, adagiata su una sedia modesta, spogliata dei gioielli abbandonati sul pavimento nudo.
La Maddalena convertita di Artemisia ha un aspetto avvenente, ma elegante; il suo sguardo è carico di lacrime e volto al cielo;
un’ampia scollatura, appena sfiorata da lunghi capelli biondi, le dona un aspetto sensuale, ma la sua veste è di una foggia preziosa, confezionata con la seta che domina nel celebre “ guardaroba Gentileschi”.
La complicità tra donne, è un altro tema che ricorre nelle opere di Artemisia.
In Giuditta e la fantesca la pittrice enfatizza la complicità psicologica delle due donne che chiude nello stesso spazio, unendo i loro corpi a specchio e gettando i loro sguardi nella stessa direzione. La stretta vigorosa della mano di Giuditta sull’elsa della spada, e il gesto protettivo della serva che nasconde la testa mozzata del nemico, amplifica il senso di complicità di unisce le due donne. Sembra essere sparita anche la distanza di classe che emergeva dal loro sguardo nella tela della decapitazione.
Qui l’influenza di Caravaggio su Artemisia è totale.
La mostra si chiude con una seconda rappresentazione di Giuditta decapita Oloferne, realizzata nel 1620 e conservata alla Galleria degli Uffizi di Firenze. A differenza della prima realizzazione, che apre l’esposizione ed è conservata al Museo Capodimonte di Napoli, la scena ha tratti pittorici più maturi e, se possibile, più inquietanti.
Tre secoli sono dovuti passare per riconoscere il grande talento artistico di Artemisia. La sua capacità di emergere in un mondo che non contemplava l’affermazione femminile, l’ha trasformata in una delle poche protagoniste dell’arte europea, ma la sua vicenda personale l’ha trasformata nella protagonista ideale di un romanzo, oscurando i suoi meriti professionali.

Questa mostra le rende merito. Finalmente.