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Vice Presidente di Film Commission Torino Piemonte - Collaboratore in Staff Assessorato Attività Produttive, Commercio, Lavoro Città di Torino

La vera saggezza sta in colui che sa di non sapere

Nel corso del tempo il lavoro mi ha insegnato che sono infinite le cose che non sappiamo. Da lì, il mio impegno per l'informazione e la divulgazione è diventato "passione".


martedì 12 aprile 2011

Cavour mio eroe

Ognuno vive all’ombra di un eroe nella vita, e molti ne hanno uno anche per un momento della storia così importante come il Risorgimento.
Io identifico la forza rivoluzionaria ed illuminata di quel periodo nella figura rassicurante ed ingombrante, nel contempo, di Camille de Cavour.
Cavour passò alla storia come l’uomo politico, lo statista, il saggio più capace della scena politica italiana e la misura della sua opera è data dal fatto stesso ch’egli morì a soli 50 anni.
Fu astuto e liberale.
Astuto perché giocò sul rischio rivoluzionario temuto dalle potenze europee, per avere il via libero all’ unificazione nazionale sotto lo statuto sabaudo.
Liberale, perché trasformò il regime sabaudo in regime parlamentare.
Fu il grande precursore ed il forte sostenitore della “forma di governo”, che a lui interessava più delle conquista territoriali.
Più di chiunque altro, fui lui a sviluppare il sistema parlamentare in Italia, sopravvivendo ai numerosi tentativi del Re Vittorio Emanuele di trovare un Presidente del Consiglio di Sardegna più docile ed obbediente.
Il suo percorso fu irto di insidie che giungevano da destra, dove i conservatori lavoravano per mantenere l’ Italia divisa, e da sinistra, dove Mazzini ( la mente ) e Garibaldi ( il braccio armato), guidavano le masse verso una nazione unita, più ideale e idealistica.
Nel periodo compreso tra il 1855 ed il 1859 lavorò con tenacia e sofisticata strategia affichè scoppiasse una grande guerra europea, nella sottile speranza che ne seguissero lo smembramento dell’impero austriaco e l’unificazione d’Italia centrale e settentrionale. Nel 1859 apparve evidente che il risultato fu un fallimento e, l’anno successivo, il conte Cavour iniziò un attentissimo lavoro diplomatico, che sostituì l’intervento militare interrompendone i moti, per annettere la Sicilia e Napoli, le province conquistate da Giuseppe Garibaldi.
L’abilità di Cavour emerge tracciando nella storia, non solo i suoi successi ma, soprattutto, le difficoltà che superò, gli sbagli che fece, le incertezze per cui vacillò; tutto quello che lui definì “la parte meno bello dell’opera”.
La capacità di porre rimedio agli errori suoi e degli altri e l’arte di sfruttare a proprio vantaggio, e a quello del paese, le condizioni avverse, erano i tratti fondamentali della sua suprema abilità di statista.
Inevitabile fu il paragone con la figura di Bismark, Primo Ministro della Prussia, colui che fu l’artefice principale dell’Unificazione della Germania
Figlio di un nobile proprietario terriero, Bismark si mise in luce per le sue idee conservatrici. Leader della destra, fu contrario ad un processo di unificazione della Germania su basi demografiche.
Il nucleo centrale del pensiero politico di Cavour, invece, era racchiuso in una concezione liberale che lo portò ad avversare le teorie socialiste che cominciavano a circolare nell’Europa Centrale e, nel contempo, lo indussero a sospingere la borghesia illuminata sulle vie delle riforme, al fine di migliorare le condizioni dei contadini e degli operai e di scongiurare ogni rivolgimento sociale.
Era dotato di grande capacità dialettica; era rarissimo che disertasse anche una sola discussione alla Camera, di cui era ritenuto autorità assoluta.
Nei caffè ci si chiedeva se Bismark avrebbe mai potuto uguagliare Cavour, tanta era il suo disprezzo per le regole, in confronto al liberalismo del conte.
L’opposizione era terrorizzata dal suo ascendente personale sul Parlamento e riteneva che l sua più grande incapacità fosse quella di non saper dividere il potere, circondandosi, inoltre, di persone mediocri.
Uno dei più grandi successi che gli riconosce una parte della storia è stato quello che operò negli ultimi mesi della sua vita.
Sfidò la scomunica e dichiarò guerra al Papa. La vittoria conclusiva, e forse la più notevole del Risorgimento italiano, fu l’aver abbattuto il potere temporale dei papi, sopravvissuto intatto nel corso dei secoli.
Una parte della critica descrive Cavour come un uomo capace di far uso di qualsiasi mezzo per raggiungere il fine preposto.
Se pure questa lettura lo divertiva assai, passò, inutilmente, tutta la vita spiegando di disprezzare ogni forma di doppiezza o d’ipocrisia e che nessuno scopo, per quanto buono, possa valere un prezzo così alto.
Per sventura gravissima, morì nelle prime ore del mattino del 6 giugno 1861, non vivendo abbastanza a lungo per regalare al paese la sua abilità e la sua straordinaria intelligenza nella soluzione dei grandi problemi di quell’Italia Unita che tanto aveva contributo a creare.